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lunedì 1 novembre 2010

Lavoriamo da "GENERAZIONE"


Giovani troppo accondiscendenti nell'essere trattati più come figli che come cittadini, nel chiedere come favore dai genitori quanto invece si dovrebbe dallo Stato come diritto, facendo prevalere il disincanto, l'inerzia, l'arte tutta "nostrana" di andare avanti vivacchiando!
Se è innegabile che io giovani ereditano una situazione di svantaggio determinata dalle infauste scelte operate dalle generazioni più grandi, ciò non può costituire un alibi. La storia insegna che nonostante gli ostacoli, ogni generazione ha comunque il compito, anzi il dovere di trovare la propria strada. Ogni generazioni ha come destino quello di trovare la propria via quindi, guadagnando il proprio spazio vitale e, se gli viene precluso, di forzare il cambiamento.
Dunque se i giovani pensano di aver diritto ad un futuro migliore rispetto a quello che gli è stato preconfezionato, l'unica possibilità, in una società rigida, è quella semplicemente di prenderselo.
Avere l'arrogante audacia di lottare senza timori reversibili, il creativo coraggio di riattivare un conflitto generazionale di cambiamento, la lucida determinazione di rompere una volta per tutte la lunga tregua generazionale che blocca in un abbraccio soffocante le energie più vigorose del nostro paese.
Muoversi da generazione. Per essere in senso pieno una "generazione" non basta essere un insieme di persone nate nello stesso periodo, occorre anche una pulsione affine, un reagire unitario. Una reazione che nasce per contrasto ai limiti e alle contraddizioni del mondo dei padri ed è portavoce di una nuova visione. Frutto di un rapporto dialettico tra generazioni, tra chi in quel momento storico è giovane e si sta affacciando alla vita pubblica e chi è adulto e rappresenta lo status quo. Un'identità generazionale che si sviluppa in età giovanile che risulta tanto più forte quanto più accentuata e consapevole è la contrapposizione tra la rigidità della tradizione e la spontaneità dell'innovazione.
"Io sono la prova che in questo paese tutto può accadere, sono state le parole di Barack Obama nel suo primo discorso dopo l'esito delle elezioni americane. Non è a caso che due giovani su tre l'abbiano votato. Da noi il cambiamento è destinato ad avere vita più dura, data la minor consistenza demografica delle forze che per propria natura sono più aperte al nuovo. La forza numerica più ridotta richiederebbe allora di essere compensata da un maggior coraggio: meno difese della posizioni raggiunte da parte delle vecchie generazioni, meno coaptazione, più disponibilità a mettersi in discussione. E soprattutto più coraggio da parte dei giovani nel guadagnare il proprio spazio.
Rivolgendomi agli attuali ventenni, dico che chi ha adesso in mano le leve del potere non è affatto interessato al cambiamento e a far crescere il paese, e lo dimostrano i risulta degli ultimi anni. A fronte di tale sta però il successo personale nella difesa del proprio benessere, mentre le condizioni dei giovani italiani si sono progressivamente deteriorate. La combinazione di questi fatti dovrebbe essere sufficiente per chiedere un'intera fase è classe politica venga superata. Non è più accettabile che a guidare l'agire politico siano logiche miopi fondate su regole del passato. E' necessario aprirsi al futuro, che significa anche, finalmente, impegnarsi per raggiungere e coinvolgere i più giovani.
Basta con la retorica, basta col campanilismo esagerato del "giovinismo", dove tutti ci si buttano a capofitto. Basta giovani usati come maschera per nascondere quanto di più logorato dal tempo c'è. Basta con i giovani permissivi e disinteressati. E' ora di agire. E' ora che la generazione passata consenta a quella presente di costruirsi il proprio futuro, decidere di se stessi, ed è ora che i giovani ventenni, trentenni ma anche quarantenni, si rimbocchino le maniche e prendano la situazione in mano, a qualsiasi costo, a qualsiasi rischio, con responsabilità, e con la coscienza che si è lavorati da soli alle proprie scelte.


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