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venerdì 9 ottobre 2009

CHI LOTTA CONTRO LA MAFIA?

Chi lotta contro la mafia? Cristiano Aldegani, sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha deciso che la biblioteca comunale non deve essere più dedicata a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978. I morti da ricordare devono essere "padani doc", non siciliani. La targa con il suo nome è stata rimossa. Cosa aspetta il ministro Maroni a rimuovere il sindaco?

Da biblioteca "Peppino Impastato" a biblioteca comunale (in attesa di nuova denominazione), ma il sindaco leghista ha annunciato di voler intitolare la struttura a un sacerdote bergamasco ("una personalità locale") morto nove anni fa. Accade a Ponteranica, comune in provincia di Bergamo. Il neo sindaco, il leghista Cristiano Aldegani, ha fatto rimuovere la targa voluta un anno e mezzo fa dal precedessore di centrosinistra e dedicata al giovane giornalista e politico siciliano ucciso dalla mafia nel 1978. Un'iniziativa che si è ben presto tramutata in un vero e proprio boomerang, suscitando le reazioni scandalizzate delle opposizioni, ma anche di un pezzo di Pdl, dove i mugugni contro le "marachelle della Lega" si stanno ben presto trasformando in vere e proprie prese di distanza "dall'ignoranza politica e istituzionale" degli alleati in camicia verde.

L'indignazione e la rabbia. Il Partito Democratico è in prima linea tra i contrari. "La rimozione della targa è sconcertante" dice Pina Picierno, responsabile legalità del Pd. A suo parere la Lega "fa politica con paraocchi ideologico, una politica intrisa di ideologia e di interessi localistici, che dividono e indeboliscono il Paese. Negare la memoria di un giovane ucciso dalla mafia non trova giustificazioni". L'eurodeputata Rita Borsellino parla di "decisione stupida e senza giustificazioni, che offende tutti coloro che, per il bene dell'Italia, hanno sacrificato la propria vita per sconfiggere la mafia". Per il senatore del Pd Costantino Garraffa, componente della commissione bicamerale antimafia, "rimuovere una targa dedicata a Impastato è un segno di contiguità alla criminalità organizzata e alla mafia. A quella mafia che ha anche interessi nel Nord. E' un gesto imbecille che merita l'impegno del leghista ministro degli Interni onorevole Maroni".

A sinistra, Claudio Fava, esponente dell'alleanza di Sinistra e Libertà, commenta duramente la decisione del sindaco di Ponteranica e assicura che non si limiterà a protestare né a manifestare perché "a un sindaco spudorato e smemorato che toglie il nome di Peppino Impastato dalla biblioteca comunale si risponde andando a rimettere al suo posto quel nome: è appunto ciò che faremo". "Al razzismo della memoria - aggiunge Fava, che è stato anche sceneggiatore del film 'I Centopassi' - va opposto l'esercizio militante di quella memoria. A Cinisi come a Ponteranica".

Duro anche il commento di Giovanni Russo Spena, responsabile giustizia del Prc, già segretario di Democrazia Proletaria nelle cui liste Impastato fu eletto, già morto, consigliere comunale. Russo Spena fu anche il coordinatore della relazione della commissione antimafia sull'omicidio del giornalista. " Il lavoro della commissione parlamentare antimafia fu un tributo anche alla famiglia. Per la prima volta in un caso di uccisione e di conseguente depistaggio il parlamento chiese scusa alle italiane e agli italiani. Questa rimozione è indegna".
"E' indegna per due motivi - spiega-: Il primo perché è un pezzo dello stato, i leghisti, un partito razzista incapace di comprendere la civiltà democratica, che ripete una infamia. Il secondo perché questo atto nasce probabilmente perché si stanno riaprendo inchieste molte importanti sugli intrecci tra mafia e politica, temute da Berlusconi. Oggi i leghisti sono il piedistallo servile del berlusconismo". Con questo atto, conclude Russo Spena, "si vuole dire che nella Lombardia di Mangano e delle connivenze, Impastato è un fastidio con la sua memoria. Atto incostituzionale, oltre che infame. Peppino un fastidio anche da morto".

Mentre, a Ponteranica, la minoranza in Consiglio comunale ha ipotizzato una raccolta di firme per chiedere di ripristinare la targa alla biblioteca, Rifondazione Comunista ha lanciato la proposta di organizzare una grande manifestazione popolare.

I maldipancia nella maggioranza. "Stavolta non è la solita sparata leghista. Perché forse, stavolta, l'hanno sparata davvero grossa". Inizia così un articolo pubblicato da Ffwebmagazine, il periodico online della Fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. "Perché l'idea bizzarra di Cristiano Aldegani, sindaco della Lega Nord di un paesino del bergamasco, non ha più la dimensione linguistica del dialettismo ma tocca la sensibilità civica di un intero popolo - spiega l'articolo -. La sua iniziativa non è una bizzarria neoidentitaria. Ma una scelta infelice, sbagliata e culturalmente pericolosa, perfettamente coerente con una visione parziale, campanilistica e superficiale della storia".
L'articolo di Farefuturo è in crescendo e, nello scorrerlo, vi si legge tutta l'insofferenza verso quel "credo leghista" che sta tramutando il nostro paese in una poltiglia di micro localismi e interessi di condominio.
Perché citarlo su aprileonline? Negli ultimi mesi, il webmagazine ha anticipato tutti i temi che, oggi, sostanziano lo scontro politico e istituzionale tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e il premier Berlusconi, sempre più ostaggio della "sindrome di Stoccolma" nei riguardi della Lega Nord: il testamento biologico, l'affaire delle escort (preludio allo scontro sul ruolo e l'eticità della politica), l'immigrazione e, di queste ore, lo scontro su magistratura e lotta alla criminalità organizzata. Scrivi a nuova, affinché suocera intenda...

lunedì 5 ottobre 2009

La democrazia mediatica

Come è ormai noto a tutti gli effetti della "video politica" stanno cambiando totalmente il modo di fare politica. Uno di questi effetti è che la televisione personalizza le elezioni. Sul video vediamo persone, non programmi di partito; e persone che sono costrette a parlare con il contagocce. Insomma la televisione ci propone persone in luogo di discorsi. Quando parlo di personalizzazione delle elezioni si intende che contano di più le facce, e che la personalizzazione diventa più generalizzata, dal momento che la politica "in immagini" si impernia sull'esibizione di persone. Il che vuol dire che la personalizzazione della politica si dispiega a tutti i livelli, inclusi il livello dei leader locali. La video politica tende a distruggere, dove più e dove meno, il partito, o quantomeno il partito organizzato di massa.
Non è solo che la televisione è strumento di e per candidati anziché medium di o per partiti; è anche che il rastrellamento dei voti non richiede più un'organizzazione capillare di sedi e di attivisti. Non intendo che i partiti spariranno, ma certo che la video politica riduce il peso dell'essenzialità dei partiti e per ciò li costringe a trasformarsi. Non è più indispensabile il cosi detto partito pesante, il partito leggero è sufficiente.
Un'altro aspetto è che la video politica, la televisione, privilegia "l'emotivazione" della politica e cioè una politica ricondotta e ridotta a grappoli di emozioni. Lo fa raccontando storie lacrimose e vicende commuoventi, e lo fa decapitando o marginalizzando sempre più le "teste parlanti". Il punto è, in generale, che la cultura dell'immagine generata dal primato del visibile è portavoce di messaggi "caldi" che, appunto scaldano le nostre emozioni, accendono i nostri sentimenti, eccitano i nostri sensi e, insomma, appassionano.
Appassionare e coinvolgere, far partecipare, creare sinergie. E per quanto la parola possa infiammare, essa è pur sempre meno riscaldante dell'immagine. Pertanto la cultura dell'immagine rompe l'equilibri tra passione e razionalità, e la politica emotiva, emotivizzata, riscaldata dal video, solleva e attizza problemi senza fornire nessunissima idea di come risolverli.
Democrazia vuol dire alla lettera, potere al popolo. Il problema è sempre stato di come e di quanto trasferire questo potere dalla base al vertice del sistema. Una cosa è la titolarità e tutt'altra cosa è l'esercizio del potere. Il popolo è titolare del potere ma in che modo è n grado di esercitarlo?
Nella democrazia rappresentativa il demos esercita il suo potere eleggendo chi lo governerà, in tal caso il popolo non decide quale sia la soluzione da dare alle questioni da risolvere, m si limita a scegliere chi lo deciderà. Il problema è che la democrazia rappresentativa non basta più, che c'è bisogno di più democrazia, il che vuol dire, in concreto dosi crescenti di direttismo, di democrazia diretta. Per fare questo però ad ogni incremento di "demo-potere", deve corrisponde un incremento di "demo-sapere". E qui il ruolo della televisione e dei midia gioca un ruolo fondamentale, che per oggi, visti i tempi che corrono, non credo sia assolutamente in grado di svolgere. Altrimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere, e cioè un sistema di governo suicida.


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