ESSERE PARTE ATTIVA, PROTAGONISTI E NON OSPITI DEL NOSTRO TEMPO!

domenica 27 dicembre 2009


Il successo di Divertimento Sicuro dell'Associazione Trecentosessanta
Il progetto realizzato dai ragazzi di Trecentosessanta come monito per le Istituzioni


L'iniziativa nasce dalla volontà di educare i giovani che abitualmente bevono in modo smodato per ricondurli al bere consapevole e responsabile. Educare al consumo responsabile dell’alcol per favorire ed incoraggiare comportamenti corretti durante la fruizione del tempo libero e nei momenti di svago. Un progetto creativo ed originale per promuovere atteggiamenti positivi nei confronti dell’alcol per i giovani che abitualmente ne abusano.
La giornata di Santo Stefano dedicata ai giovani e alla loro tutela ha previsto un gazebo in Piazza Diaz dove sono stati distribuiti una serie di brochiure e dove si è fatta informazione sull'iniziativa, in serata l'Associazione ha messo a disposizione un Bus navetta che ha offerto il cosi detto servizio Discobus che portava in tutta sicurezza i ragazzi dalla città verso la discoteca e che a fine serata li ha accompagnati a casa, da registrare che almeno una ventina di ragazzi hanno usufruito di tale servizio, che come esperimento può essere considerato assolutamente sufficiente. In sala, invece, si sono distribuiti i braccialetti per individuare il guidatore designato, e si è fatto l'alcol-test, dove il 65% ha mantenuto la promessa di non bere alcolici, almeno nei limiti della legge, segno che i ragazzi in gran parte hanno bene percepito il segnale ma allo stesso tempo che ancora molto si deve fare.
Pur nella consapevolezza che le iniziative in programma non rappresentano la soluzione del problema, restano pur sempre un modo concreto per incominciare ad acquisire consapevolezza del fenomeno. Proporre modi diversi del bere responsabile e promuovere forme alternative di sano divertimento nel rispetto delle regole,è un modo per dare esempi positivi che influiscono sul comportamento dei giovani.
Il progetto è stato costruito su iniziative che partono dal protagonismo dei giovani per dare testimonianza di come sia possibile socializzare, divertirsi e fare festa attraverso un approccio responsabile e sobrio. -"Orientare i giovani alla cultura della responsabilità e della legalità, è l’obiettivo assunto dal nostro gruppo per educare i giovani a vivere e a crescere con i valori che orientano le scelte di un vivere sano e responsabile"-, è il messaggio che lancia Antonio Pace, presidente di Trecentosessanta, che ribadisce ancora che -"il progetto è pensato anche come monito per le Istituzioni locali, provinciali e regionali ad investire in iniziative di queso tipo, in maniera diretta o indiretta, utilizzando magari l'aiuto di tante associazioni che, come la nostra, credono nei sani progetti come questo"-.
La valenza educativa di questo progetto lancia un forte messaggio a tutti, ma specialmente a coloro che abusano di alcol:la consapevolezza di non trasformare i momenti di gioia in momenti di tristezza. Fermarsi un attimo, ascoltare e riflettere, vuol dire anche acquisire consapevolezza che ci si può divertire anche senza lo sballo.
E' chiaro la riuscita del progetto ha visto in campo la partecipazione di diversi attori, il patrocinio del comune, l'Associazione Trecentosessanta e i gestori del locale, fondamentale quest'ultimo alla riuscita dell'iniziativa, la responsabilità dei gestori è determinante per il buon esito di questa iniziativa e tutti devono contribuire a trasmettere creativamente e costruttivamente modelli positivi di un bere responsabile e di un sano divertimento. E’ un’iniziativa che non può che accrescere l’immagine del locale in termini di sensibilità etica, sociale e culturale.
L'Associazione Trecentosessanta ringrazia per il sostegno e la partecipazione L'Asl Magna Grecia di Crotone, l'Amministrazione Comunale di Cirò Marina e la regione Calabria.

giovedì 24 dicembre 2009

DIVERTIMENTO SICURO


La valenza educativa di questo progetto lancia un forte messaggio a tutti, ma specialmente a coloro che abusano di alcol:la consapevolezza di non trasformare i momenti di gioia in momenti di tristezza. Fermarsi un attimo, ascoltare e riflettere, vuol dire anche acquisire consapevolezza che ci si può divertire anche senza lo sballo.
Le attività pensate per questo progetto hanno lo scopo di indurre i giovani ad una seria riflessione sulle conseguenze di un bere smodato e irresponsabile. L’iniziativa di accompagnare i giovani in discoteca e riaccompagnarli a casa, il progetto prevede l’individuazione del guidatore designato come azione responsabile e matura per la propria e l’altrui incolumità.
La responsabilità dei gestori è determinante per il buon esito di questa iniziativa e tutti devono contribuire a trasmettere creativamente e costruttivamente modelli positivi di un bere responsabile e di un sano divertimento.
La famiglia rappresenta oggi una grande sfida culturale ed educativa. Minacciata dal diffuso relativismo etico e da processi di delegittimazione istituzionale, è spesso considerata da molti giovani unicamente come base di sostegno economico, mentre sembra arretrare nel suo ruolo di orientamento e di iniziazione alla vita adulta. Il ruolo degli educatori non è quello di sostituirsi alla famiglia, ma di aiutare i giovani ad interiorizzare quei valori che orientano al vivere sano e responsabile.
Trecentosessanta nel progetto Divertimento Sicuro propone manifestazioni di piazza, distribuisce gadget, come i braccialetti per il guidatore designato e controlli del tasso alcolico con l’etilometro, e profilattici per sensibilizzare i giovani al problema delle malattie sessualmente trasmissibili, e inoltre istituisce un convegno sul progetto.
Educare non è mai stato facile, ma oggi è molto più faticoso perché società e cultura sono sempre più costruite dai mezzi di comunicazione di massa che diffondono stili di vita distorti ed irreali che generano dubbi e incertezze. Diventa difficile proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita.
È necessario soffermarsi sui giovani, sincronizzarsi con il loro mondo, il loro sentire, accordarsi con i loro desideri più veri. Prendesi cura dei giovani significa sostenerli nella crescita valoriale affinché possano ritrovare strade che sappiano restituire il ruolo di protagonisti attivi del proprio esistere.
Programma
26 dicembre ore 10:30 Gazebo in Piazza Diaz
26 Dicembre ore 23:00 Servizio DiscoBus
26 Dicembre presso Donna Germana punto informativo all'interno del locale

sabato 5 dicembre 2009

La lezione del volontariato che lo Stato non riesce a capire

E opinione diffusa che i volontari svolgono un'attività preziosa nel tenere insieme un tessuto sociale sempre pi sfilacciato, ma raramente trovano un sostegno serio ed importante negli enti pubblici locali. Troppi Comuni applicano in modo perverso il principio di sussidiarietà: tendono cioè a fare tutto direttamente, chiedono aiuto alle associazioni di volontariato solo quando non ce la fanno da soli. Questo è un modo rovesciato di intendere il principio di sussidiarietà nel sociale, perché alza i costi degli interventi e ne diminuisce la produttività e l'utilità. Il modo corretto dovrebbe essere di lasciar fare le cose a chi è sul campo, vicino al problema ed ai bisogni, e sostenere in modo serio e sistematico le azioni di pubblica utilità.
Il volontario oggi non è un intruso che si intrufola nei vuoti lasciati dallo Stato, ma fa cose che lo Stato non è (e non sarà mai) capace di fare. E le fa molto più economicamente dello Stato e degli enti locali (per vari motivi ed in primo luogo per il grandissimo valore economico apportato dai membri del volontariato non retribuiti e per una generale sobrietà di stipendi e di costi generali).
Ci sono spinte ideali che meritano attenzione, c'è un elenco infinito di buone pratiche a favore di minori, anziaffi, disabili, extracomunitari, senzatetto. Per tutto questo è giusto pretendere non un'elemosina, ma una contribuzione, un corrispettivo solido, stabile, affidabile, che permetta di programmare e lavorare con una certa sicurezza. Lo Stato non ha ancora capito che onorare puntualmente il 5 per mille non è dare un'elemosina, ma fare un'operazione economicamente e socialmente vantaggiosa. Accanto alle ottuse inadempienze deilo Stato i rapporti restano, in genere, insoddisfacenti anche con gli enti locali che gestiscono gran parte dei servizi sociali. Quando affidano questi servizi all'esterno, spesso le burocrazie locali preferiscono accordarle ad affaristi del settore o in
base al principio di affiliazione perché così luerano bustarelle o altre utilità. Se affidassero, in modo sistematico e programmato lavori di assistenza sociale, manutenzione urbana, servizi vari alla persone e di promozione turistica, a cooperative cli giovani create e guidate da quelli che si possono anche Onorare puntualmente il 5 per mille non è dare un'elemosina, ma fare un'operazione vantaggiosa.
Anche il volontariato ha difetti da correggere: scarsa managerialità, inquinamento ideologico, frammentazione.
Formulate le giuste e necessarie critiche allo Stato e agli enti locali, il settore deve essere capace anche di una seria autocritica. Ci sono
errori da correggere che vengono dal passato, come il non aver rivendicato, con dignità, un ruolo importante per il buon funzionamento della società e dell'economia, accontentandosi di un ruolo subordinato, basato sulle elemosine piuttosto che su dovuti corrispettivi per la funzione svolta (come dovrebbe essere il 5 per mille). E poi: la precarietà finanziaria; la scarsa managerialità; l'inquinamento politico ideologico; l'eccessiva frammentazione; la grande confusione tra i vari soggetti che rientrano, in modo ormai troppo indistinto, nel concetto di terzo settore. L'inquadramento serio, costruttivo e impegnato del volontariato nell'ambito dell'economia e della società italiana è tema di grande interesse nazionale anche perché tanti sono i giovani che, attratti verso il settore dalla spinta di una visione generosa della vita, devono trovare un ambiente che ne favorisca la crescita umana e professionale, che non li umili e li respinga. In un
Paese dove spesso la sopraffazione e l'appartenenza (alle varie cordate) sembrano paganti, la lezione dei volontari ci insegna che generosità, onestà e altruismo restano valori fondamentali per riempire di fiducia e di speranza la vita e il futuro di un Paese.

sabato 28 novembre 2009

Salviamo il nostro patrimonio culturale


"""I Mercati Saraceni sono testimonianza di un lungo periodo storico condizionato dal terrore delle scorrerie saracene. Le orde arabe, alle quali nel XVI secolo succedettero quelle turche, conseguenti all'espansionismo ottomano nel Mediterraneo, costrinsero ottomano nel Mediterraneo, costrinsero le popolazioni della costa calabrese ad abbandonare i litorali insicuri per rifugiarsi nei villaggi dell'entroterra arroccati su alture dai fianchi ripidi, circondati da gole e burroni, serrati tra possenti mura e protetti spesso da un castello. A protezione delle coste, furono edificate le torri d'avvistamento.
Due sopravvivono ancora a Cirò Marina: la Torre Nuova e la Torre Vecchia. Quest'ultima, più antica ma meglio conservata, risalirebbe al IX secolo; fu eretta su un formidabile punto d'avvistamento: il promontorio di Madonna di Mare. La Torre "Nova", invece, per richiesta del feudatario di Cirò, Vespasiano Spinelli, fu edificata a protezione della zona a sud di Cirò Marina, nel 1596; lo attesta un documento che rivela la volontà del viceré spagnolo D'Alcalà di potenziare il sistema difensivo nella Calabria Ultra e Citra con nuove torri, tra le quali una ed il restauro di quelle preesistenti.
L'esigenza era esplosa prepotente dopo le rovinose incursioni subite dal territorio. Per la copertura delle spese, fu imposta una forte tassazione a tutte le Università (Comuni) poste a meno di 12 miglia dalla costa; queste dovevano provvedere anche alle spese di manutenzione, per l'artiglieria al mantenimento del corpo di guardia e dei "cavallari", che avevano il compito di correre veloci e dare l'allarme ai borghi in caso di pericolo. Le due Torri di Cirò Marina hanno forma quadrangolare. La Torre nuova è peggio conservata - forse anche a causa delle truffe operate dai costruttori dell'epoca, che ricorrevano frequentemente a materiale di scarto. Non aveva un'entrata e quindi vi si accedeva solo attraverso un ponte levatoio. All'interno, il locale del piano inferiore era adibito a cucina con l'imponente camino che serviva anche per riscaldare l'ambiente d'inverno."""


Questo è quanto si evince dalla pagine di internt ed è quanto i mercati saraceni e le Torri hanno rappresentato in passato. Ma la domanda è: cosa rappresentano per noi oggi e ancora quanta importanza assumono i beni culturali nell’ambito delle economie locali?
Il patrimonio culturale, costituisce una sorta di DNA della comunità, in quanto memoria del passato ed eredità di conoscenze, ed è quindi necessario non considerarlo come un elemento separato dal contesto su cui viene ad incidere. Occorre, pertanto, considerare il territorio nella sua globalità, come insieme di passato e presente, di beni culturali e di paesaggio, di attività economiche e abitudini di vita.
L’elemento essenziale che contraddistingue il fenomeno dello sviluppo locale è da ricercare nella capacità dei soggetti istituzionali locali di cooperare per avviare percorsi di sviluppo condivisi che mobilitino risorse e competenze locali. Protagonismo dei soggetti locali che favorisce lo sviluppo solo allorquando riesce ad attrarre in modo intelligente risorse esterne o allorquando è in grado di cogliere le opportunità che la globalizzazione dei mercati offre alle nuove strategie di produzione di beni e servizi che valorizzino specifiche competenze e beni comuni.
I beni culturali costituiscono una componente essenziale del territorio e del paesaggio, pertanto entrano a pieno diritto nel contesto antropico contemporaneo e ne rappresentano un dato, della cui esistenza non può prescindere neppure chi non voglia attribuirvi alcun valore dal punto di vista culturale. Nella nostra società, l’interesse recente e crescente per i beni culturali e per il recupero dei luoghi – memoria nasce essenzialmente dal rispetto delle proprie origini e dalla consapevolezza che essi rappresentano un patrimonio inalienabile e irripetibile di valori storici, ambientali e artistici da conservare, ordinare e proteggere affinché non si perdano le tracce di quella ricchezza di testimonianze che forma la nostra comune identità culturale.
Occorre, quindi, assicurare alle generazioni future la fruizione del patrimonio culturale di cui si dispone, ponendo molta attenzione alla sua funzione di testimonianza del passato oltre che a quella di fonte di sviluppo economico.
Per raggiungere tali obiettivi è necessaria la partecipazione attiva delle forze della cultura e di tutti coloro che svolgono un ruolo attivo nella moderna società. Bisogna favorire una politica che promuova l’interscambio tra i beni, il loro territorio e la collettività. Pertanto, è necessario che i relativi provvedimenti di tutela e valorizzazione siano inquadrati in un contesto programmatico sufficientemente coordinato e orientato in un’ottica che eviti lo svuotamento dei luoghi e, allo stesso tempo, controlli l’intera fenomenologia che in senso economico, sociale, culturale e funzionale condiziona direttamente e indirettamente la conservazione della tradizione storica di una comunità.
La cultura, dunque, non sembra più suscettibile di una visione del tutto estranea alle logiche generali che governano i fenomeni di sviluppo locale, ma costituisce, essa stessa, un fattore attivo di crescita socio-economica di un territorio. Si tratta, quindi, di orientare l’azione di programmazione verso processi che includano, nella politica culturale, obiettivi non solo connessi alla tutela ma anche alla valorizzazione e alla promozione, e di puntare su interventi in grado di coinvolgere mettendo a “sistema” tutte le risorse, umane, materiali e immateriali, disponibili in tale ambito e su modelli di gestione unitaria ed integrata del patrimonio culturale, turistico e ambientale di un territorio al fine di conseguire qualità dei servizi, efficienza nella spesa, economie di scala e capacità di aggregazione della domanda.
Da tutte queste considerazioni emerge la pressante necessità di adottare un modello di sviluppo nel quale valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale occupino una nuova centralità all’interno delle politiche territoriali e una rilevanza strategica nei processi di organizzazione del territorio. Dall’intreccio tra economia e beni culturali scaturisce anche la non trascurabile ricaduta economica, per esempio, dei potenziali flussi di turismo alimentati dalla particolare attrattiva delle testimonianze del passato. Il turismo culturale, anche se non rappresenta l’obiettivo principale degli interventi, costituisce, però, un valido supporto per la valorizzazione e riqualificazione ambientale, promuovendo e stimolando operazioni di recupero e salvaguardia del patrimonio culturale ed esercitando azioni di richiamo su numerose attività economiche.
Salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei beni culturali, insomma, si impongono sia per ragioni culturali e morali sia per le implicazioni economiche e sociali che ne derivano. Infatti, oltre a provocare un flusso di consistenti masse di turisti sembrano in grado di assorbire nuova occupazione, soprattutto giovane, e al tempo stesso di garantire competitività al territorio nel contesto generale.

martedì 10 novembre 2009

L'associazione Trecentosessanta con il progetto: Scuola & Volontariato

Manifestazione di partecipazione per tutte le associazioni del terrorio di Cirò Marina al progetto di Trecentosessanta.

Il progetto, si inserisce all’interno delle iniziative promosse dal gruppo dell’Associazione Trecentosessanta di Cirò Marina, ed è atto a promuovere e diffondere la cultura del volontariato e della cittadinanza attiva nel mondo giovanile, ed è rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Le finalità previste riguardano la formazione dei giovani come cittadini, la costruzione dell’identità dei giovani attraverso messaggi positivi, lo sviluppo di sentimenti di solidarietà e sensibilizzazione al volontariato, attraverso i valori trasversali che la cultura del dono propone. L’obiettivo che ci si è proposti è stato quello di creare occasioni di riflessione sul volontariato e sull’opportunità di fare esperienze in questa realtà, e di sostenere l’avvio di esperienze nella scuola, nelle associazioni (stage di solidarietà), etc
Il progetto “Scuola & Volontariato” nasce dall’esigenza di dare centralità alla promozione della cittadinanza solidale e della partecipazione democratica nei ragazzi della città. Unitamente al bisogno di sviluppare sentimenti solidarietà e sensibilizzazione al volontariato e di promuovere la partecipazione attiva cittadinanza, c’è l’urgenza di favorire occasioni di formazione e di dialogo al fine di creare momenti significativi per la crescita del singolo.
Riteniamo importante che l’obiettivo di migliorare la qualità della comunicazione sociale veda coinvolti i ragazzi, per renderli partecipi in maniera effettiva della divulgazione di informazioni inerenti il mondo del volontariato. È indispensabile aumentare la visibilità delle associazioni di volontariato e agevolare la diffusione delle loro iniziative attraverso un pubblico giovane, per facilitare la divulgazione di informazioni fra i ragazzi.
Le associazioni che vogliono aderire al progetto avvisano la loro manifestazione di partecipazione all’email associazione360@live.it .

venerdì 9 ottobre 2009

CHI LOTTA CONTRO LA MAFIA?

Chi lotta contro la mafia? Cristiano Aldegani, sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha deciso che la biblioteca comunale non deve essere più dedicata a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978. I morti da ricordare devono essere "padani doc", non siciliani. La targa con il suo nome è stata rimossa. Cosa aspetta il ministro Maroni a rimuovere il sindaco?

Da biblioteca "Peppino Impastato" a biblioteca comunale (in attesa di nuova denominazione), ma il sindaco leghista ha annunciato di voler intitolare la struttura a un sacerdote bergamasco ("una personalità locale") morto nove anni fa. Accade a Ponteranica, comune in provincia di Bergamo. Il neo sindaco, il leghista Cristiano Aldegani, ha fatto rimuovere la targa voluta un anno e mezzo fa dal precedessore di centrosinistra e dedicata al giovane giornalista e politico siciliano ucciso dalla mafia nel 1978. Un'iniziativa che si è ben presto tramutata in un vero e proprio boomerang, suscitando le reazioni scandalizzate delle opposizioni, ma anche di un pezzo di Pdl, dove i mugugni contro le "marachelle della Lega" si stanno ben presto trasformando in vere e proprie prese di distanza "dall'ignoranza politica e istituzionale" degli alleati in camicia verde.

L'indignazione e la rabbia. Il Partito Democratico è in prima linea tra i contrari. "La rimozione della targa è sconcertante" dice Pina Picierno, responsabile legalità del Pd. A suo parere la Lega "fa politica con paraocchi ideologico, una politica intrisa di ideologia e di interessi localistici, che dividono e indeboliscono il Paese. Negare la memoria di un giovane ucciso dalla mafia non trova giustificazioni". L'eurodeputata Rita Borsellino parla di "decisione stupida e senza giustificazioni, che offende tutti coloro che, per il bene dell'Italia, hanno sacrificato la propria vita per sconfiggere la mafia". Per il senatore del Pd Costantino Garraffa, componente della commissione bicamerale antimafia, "rimuovere una targa dedicata a Impastato è un segno di contiguità alla criminalità organizzata e alla mafia. A quella mafia che ha anche interessi nel Nord. E' un gesto imbecille che merita l'impegno del leghista ministro degli Interni onorevole Maroni".

A sinistra, Claudio Fava, esponente dell'alleanza di Sinistra e Libertà, commenta duramente la decisione del sindaco di Ponteranica e assicura che non si limiterà a protestare né a manifestare perché "a un sindaco spudorato e smemorato che toglie il nome di Peppino Impastato dalla biblioteca comunale si risponde andando a rimettere al suo posto quel nome: è appunto ciò che faremo". "Al razzismo della memoria - aggiunge Fava, che è stato anche sceneggiatore del film 'I Centopassi' - va opposto l'esercizio militante di quella memoria. A Cinisi come a Ponteranica".

Duro anche il commento di Giovanni Russo Spena, responsabile giustizia del Prc, già segretario di Democrazia Proletaria nelle cui liste Impastato fu eletto, già morto, consigliere comunale. Russo Spena fu anche il coordinatore della relazione della commissione antimafia sull'omicidio del giornalista. " Il lavoro della commissione parlamentare antimafia fu un tributo anche alla famiglia. Per la prima volta in un caso di uccisione e di conseguente depistaggio il parlamento chiese scusa alle italiane e agli italiani. Questa rimozione è indegna".
"E' indegna per due motivi - spiega-: Il primo perché è un pezzo dello stato, i leghisti, un partito razzista incapace di comprendere la civiltà democratica, che ripete una infamia. Il secondo perché questo atto nasce probabilmente perché si stanno riaprendo inchieste molte importanti sugli intrecci tra mafia e politica, temute da Berlusconi. Oggi i leghisti sono il piedistallo servile del berlusconismo". Con questo atto, conclude Russo Spena, "si vuole dire che nella Lombardia di Mangano e delle connivenze, Impastato è un fastidio con la sua memoria. Atto incostituzionale, oltre che infame. Peppino un fastidio anche da morto".

Mentre, a Ponteranica, la minoranza in Consiglio comunale ha ipotizzato una raccolta di firme per chiedere di ripristinare la targa alla biblioteca, Rifondazione Comunista ha lanciato la proposta di organizzare una grande manifestazione popolare.

I maldipancia nella maggioranza. "Stavolta non è la solita sparata leghista. Perché forse, stavolta, l'hanno sparata davvero grossa". Inizia così un articolo pubblicato da Ffwebmagazine, il periodico online della Fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. "Perché l'idea bizzarra di Cristiano Aldegani, sindaco della Lega Nord di un paesino del bergamasco, non ha più la dimensione linguistica del dialettismo ma tocca la sensibilità civica di un intero popolo - spiega l'articolo -. La sua iniziativa non è una bizzarria neoidentitaria. Ma una scelta infelice, sbagliata e culturalmente pericolosa, perfettamente coerente con una visione parziale, campanilistica e superficiale della storia".
L'articolo di Farefuturo è in crescendo e, nello scorrerlo, vi si legge tutta l'insofferenza verso quel "credo leghista" che sta tramutando il nostro paese in una poltiglia di micro localismi e interessi di condominio.
Perché citarlo su aprileonline? Negli ultimi mesi, il webmagazine ha anticipato tutti i temi che, oggi, sostanziano lo scontro politico e istituzionale tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e il premier Berlusconi, sempre più ostaggio della "sindrome di Stoccolma" nei riguardi della Lega Nord: il testamento biologico, l'affaire delle escort (preludio allo scontro sul ruolo e l'eticità della politica), l'immigrazione e, di queste ore, lo scontro su magistratura e lotta alla criminalità organizzata. Scrivi a nuova, affinché suocera intenda...

lunedì 5 ottobre 2009

La democrazia mediatica

Come è ormai noto a tutti gli effetti della "video politica" stanno cambiando totalmente il modo di fare politica. Uno di questi effetti è che la televisione personalizza le elezioni. Sul video vediamo persone, non programmi di partito; e persone che sono costrette a parlare con il contagocce. Insomma la televisione ci propone persone in luogo di discorsi. Quando parlo di personalizzazione delle elezioni si intende che contano di più le facce, e che la personalizzazione diventa più generalizzata, dal momento che la politica "in immagini" si impernia sull'esibizione di persone. Il che vuol dire che la personalizzazione della politica si dispiega a tutti i livelli, inclusi il livello dei leader locali. La video politica tende a distruggere, dove più e dove meno, il partito, o quantomeno il partito organizzato di massa.
Non è solo che la televisione è strumento di e per candidati anziché medium di o per partiti; è anche che il rastrellamento dei voti non richiede più un'organizzazione capillare di sedi e di attivisti. Non intendo che i partiti spariranno, ma certo che la video politica riduce il peso dell'essenzialità dei partiti e per ciò li costringe a trasformarsi. Non è più indispensabile il cosi detto partito pesante, il partito leggero è sufficiente.
Un'altro aspetto è che la video politica, la televisione, privilegia "l'emotivazione" della politica e cioè una politica ricondotta e ridotta a grappoli di emozioni. Lo fa raccontando storie lacrimose e vicende commuoventi, e lo fa decapitando o marginalizzando sempre più le "teste parlanti". Il punto è, in generale, che la cultura dell'immagine generata dal primato del visibile è portavoce di messaggi "caldi" che, appunto scaldano le nostre emozioni, accendono i nostri sentimenti, eccitano i nostri sensi e, insomma, appassionano.
Appassionare e coinvolgere, far partecipare, creare sinergie. E per quanto la parola possa infiammare, essa è pur sempre meno riscaldante dell'immagine. Pertanto la cultura dell'immagine rompe l'equilibri tra passione e razionalità, e la politica emotiva, emotivizzata, riscaldata dal video, solleva e attizza problemi senza fornire nessunissima idea di come risolverli.
Democrazia vuol dire alla lettera, potere al popolo. Il problema è sempre stato di come e di quanto trasferire questo potere dalla base al vertice del sistema. Una cosa è la titolarità e tutt'altra cosa è l'esercizio del potere. Il popolo è titolare del potere ma in che modo è n grado di esercitarlo?
Nella democrazia rappresentativa il demos esercita il suo potere eleggendo chi lo governerà, in tal caso il popolo non decide quale sia la soluzione da dare alle questioni da risolvere, m si limita a scegliere chi lo deciderà. Il problema è che la democrazia rappresentativa non basta più, che c'è bisogno di più democrazia, il che vuol dire, in concreto dosi crescenti di direttismo, di democrazia diretta. Per fare questo però ad ogni incremento di "demo-potere", deve corrisponde un incremento di "demo-sapere". E qui il ruolo della televisione e dei midia gioca un ruolo fondamentale, che per oggi, visti i tempi che corrono, non credo sia assolutamente in grado di svolgere. Altrimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere, e cioè un sistema di governo suicida.

sabato 3 ottobre 2009

Acqua di rubinetto o acqua in bottiglia? Scegliamo con intelligenza

Lo spettacolo dei martiri dell’acqua minerale, che si affannano trascinando o caricando in auto pesantissime confezioni di bottiglie di acqua naturale liscia, tale e quale a quella che esce dal rubinetto, dovrebbe essere ormai così consueto da non sorprendermi più, invece non è così; ogni giorno continuo a pormi la domanda che non ha ancora trovato una risposta logica: “Perchè lo fanno?”.

Le uniche soluzioni possibili per tale quesito sono, a mio parere, due: la disinformazione e il gusto personale, e tra le due credo sia la prima a guidare la maggioranza delle scelte. Andiamo dunque a scoprire le differenze tra acqua “del Comune” e acqua minerale.

1) Il nome: una distinzione tra le due denominazioni è fuorviante, dal momento che anche quella del rubinetto è a tutti gli effetti “acqua minerale”, cioè proveniente da falde acquifere profonde e arricchitasi, nel suo percorso sotterraneo verso la sorgente, dei sali minerali caratteristici della zona di origine. La differenza tra le varie acque riguarda quindi solo la qualità e la quantità dei sali disciolti.

2) I benefici per la salute: le campagne pubblicitarie ci presentano ogni giorno gli effetti miracolosi dell’acqua imbottigliata, in realtà identici a quelli che può fornirci l’acqua del rubinetto.

L’acqua – quella dell’acquedotto come quella in vendita al supermercato - è depurativa, aiuta la digestione, stimola la diuresi e contrasta la stitichezza, idrata l’organismo – evitando i disturbi dovuti alla disidratazione che colpiscono nella giornata chi beve poco: sensazione di affaticamento, stanchezza muscolare, vertigini, cefalea -, migliora la salute della pelle, aiuta a mantenere il peso forma in quanto riduce l’appetito (spesso si confonde lo stimolo della sete con quello della fame) e, secondo i risultati di recenti studi scientifici, bere più di cinque bicchieri d’acqua al giorno riduce il rischio di infarto, nonchè di insorgenza di cancro al colon, alla vescica e al seno.

3) Le differenze qualitative. La principale classificazione tra le acque potabili è quella relativa al residuo fisso, ossia alla quantità dei sali disciolti (sodio, potassio, magnesio, cloruri, solfati, bicarbonati) che rimangono dopo aver fatto evaporare un litro d’acqua a 180 °C. In base a tale sistema si distingue tra acque: “ricche di minerali”, con residuo fisso maggiore di 1.500 milligrammi per litro; “minerali”, con residuo fisso tra 1.500 e 500 milligrammi per litro; “oligominerali”, con residuo fisso tra 500 e 50 milligrammi per litro; “minimamente mineralizzate”, con residuo fisso al di sotto dei 50 mg per litro.

Si considera ideale il consumo quotidiano di un’acqua oligominerale, con residuo fisso inferiore a 500 mg/l. L’associazione Altroconsumo ha condotto numerose inchieste sull’acqua potabile distribuita dagli acquedotti italiani e nessun campione prelevato dal rubinetto ha mai superato i 700 mg/l, rilevando che tale acqua è quasi sempre comparabile a quella oligominerale e che in ogni caso non vi è alcun fondato motivo per ritenerla meno salutare di quella di “marca”.

Senza contare che la legislazione italiana prevede norme più restrittive per le acque potabili comunali che per quelle commerciali: è consentito infatti alle acque “di marca” di contenere sostanze come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle dell'acqua potabile del rubinetto. Ad esempio l'acqua potabile del Comune non può contenere più di 10µg/l (microgrammi per litro) di arsenico, mentre nella maggior parte delle acque minerali sono contenuti 40/50µg/l di arsenico senza l'obbligo di dichiararlo sulle etichette. E ancora: nelle acque dell’acquedotto sono vietati i nitrati, che indicano la possibilità di inquinamento, mentre per le acque commerciali non vengono presi in considerazione nè segnalati in etichetta.

Nè va dimenticato che le acque “del sindaco” ricevono rigidi e continui controlli pubblici sotto il profilo igienico e del contenuto, mentre i controlli sulle acque commerciali sono effettuati principalmente dal produttore.

4) Miti relativi alle acque in bottiglia. Se non si soffre di patologie particolari, per le quali solo il medico può eventualmente consigliarne un tipo particolare, l’acqua del rubinetto è valida per la salute come e spesso più delle acque in bottiglia.


Consumo procapite di acqua minerale in Italia (litri)
Molti sono tuttavia i miti relativi all’acqua. Ad esempio gli ipertesi dovranno preoccuparsi assai più del sodio contenuto negli alimenti che non della quantità minima assunta con l’acqua. E comunque va riconosciuto che quella fornita dalla maggior parte degli acquedotti ha valori di sodio contenuti, senza significative differenze rispetto all’acqua in bottiglia.

Un luogo comune relativo alle acque ricche di minerali è che provochino calcoli renali, ma nessuna ricerca scientifica ha mai confermato quest’affermazione. Al contrario è dimostrato che le acque ricche di calcio siano utili per la crescita, così come per la formazione e il benessere delle ossa.

5) E per i bambini? E’ infondata la diffusa credenza di dover utilizzare acqua minerale all’indomani della nascita di un bebè. Scrive in proposito Vincenzo Calia, direttore di “Uppa. Bimestrale per i genitori scritto dai pediatri italiani”: “E vorremmo ancora aggiungere, questa volta da medici che si occupano di salute dei bambini: non esiste l'acqua speciale per i bambini; il latte in polvere si può diluire tranquillamente nell'acqua del rubinetto; e poi, quando il bambino cresce, ancora e sempre meglio la cannella della bottiglia!”

6) Questione di gusto. Se ad allontanarvi dall’acqua dell’acquedotto è un problema di gusto, va ricordato che con una spesa minima è possibile installare un filtro ad uso domestico che eliminerà l’eventuale cattivo sapore dovuto al cloro utilizzato per garantire la purezza dell’acqua: il filtro ha totale efficacia depurativa per il cloro attivo e per eventuali cloroderivati presenti e ripristinerà le qualità organolettiche dell’acqua senza alterarne il contenuto salino; eliminerà inoltre l’eventuale materiale in sospensione dovuto alla distribuzione lungo le tubature.

7) I costi e l’impatto ambientale. Ma allora qual è la vera differenza tra l’acqua del rubinetto e quella in bottiglia? Sicuramente il costo e l’impatto ambientale.


All’inizio degli anni ’80 in Italia si consumavano circa 50 litri a testa di acqua in bottiglia all’anno, oggi siamo arrivati a 190 litri l’anno per persona. Ma quanto la paghiamo? Se l’acqua di rubinetto ci costa circa 1 euro ogni mille litri, quella del supermercato viene in media dalle cinquecento alle mille volte di più.

Tutto ciò comporta inoltre un consumo annuo di oltre 7.000 milioni di bottiglie di plastica da un litro e mezzo a livello nazionale e il relativo traffico per trasportarle. Intanto le case produttrici investono 379 milioni di euro in spot pubblicitari (il costo dell’acqua è per le stesse praticamente irrisorio), tra i più segnalati e condannati dall’Antitrust come ingannevoli.

Quindi a pensarci bene investiamo circa 260 euro l’anno a famiglia per comprare acqua, ma in realtà paghiamo la plastica della bottiglia e dell’imballaggio, la benzina del trasporto e la pubblicità per incantarci. Ne vale la pena?

mercoledì 26 agosto 2009


Dopo ripetute riunioni, tra giovani volontari, anche a Cirò Marina si è
costituita l'Associazione politico culturale Trecentosessanta, gia presente in
Italia, con un coordinamento nazionale dal 2007, e ora dopo quello regionale e
quello provinciale, arriva a radicarsi sul territorio con il coordinamento
locale.
Il direttivo, composto dai seguenti giovani: Pugliese Giuseppe, Mangone
Francesco, Lucchetta Antonio, Patera Raffaele, Prantera Cataldo, Pace Antonio,
Ferraro Antonio Stefano Cataldo e Doria Andrea, nell'ultima sedutaha eletto al
ruolo di coordinatore, non chè rappresentante dell'Associaizone, il ventunenne
Antonio Pace, studente di Ingegneria Civile presso L'Università della Calabria,
e Pugliese Giuseppe nel ruolo di vice.
L'associaizone persegue scopi di utilità
e promozione sociale legati in particolare all'impegno civile, all'iniziativa
politica, alla parecipazione democratica, al progresso culturale e allo
sviluppo civico, economico e sociale del nostro paese.
Trecentosessanta vuole
rappresentare soprattutto, per i giovani di Cirò Marina, un luogo di confronto,
di idee e di iniziativa e per tali motivi invita tutti alla partecipare, a
prendere parte alle vicende della vita quotidiana, a sentirsi membri attivi e
non "ospiti" del nostro tempo, e a collaborare al miglioramento sociale e
civico del nostro paese, il luogo che ci ospita, magari fin dalla nascita, che
spesso non lo riconosciamo veramente "nostro".
L'Associazione Trecentosessanta
è aperta a tutti ed è ben lieta di ospitare e di integrarsi con tutti quei
giovani che hanno la nostra stessa volontà, e mette a disposizione il proprio
blog http://associazione360.blogspot.com, per qualsiasi informazione.

domenica 5 luglio 2009

Mettiamoci in gioco per Cirò Marina


Partecipare, prendere parte alle vicende della vita quotidiana, sentirsi membro attivo e non "ospite" del nostro tempo: e cosa c'è di più ordinario, di più "normale" della nostra città? In realtà il luogo che ci ospita, magari fin dalla nascita, non lo riconosciamo veramente "nostro", anzi non lo conosciamo affatto. Ci trascorriamo gran parte della nostra vita, ma molto spesso non facciamo nulla per sentirlo nostro, per prendere confidenza, per appropriarci degli spazi, non solo materiali, ma soprattutto sociali. Rinunciamo a dire la nostra, ad occupare il nostro posto nelle mille situazioni che lo richiedono. Insomma, siamo cittadini a metà: latitanti! Forse perché non siamo sufficientemente convinti che valga la pena impegnare la propria esistenza (o forse non ce ne rendiamo conto) per la nostra città.

“C’era una volta uno studente che aveva tanti sogni, sperava di fare chissà quali conquiste e scoperte, aveva tante aspirazioni, ma la sua città non gli permetteva di fare nulla del genere, la sua città non gli bastava. Allora chiude tutti i suoi sogni in un cassetto e decide di lasciare la sua città in cerca di un altro luogo migliore. Ma la nuova città è molto, anzi troppo diversa dalla sua vecchia. Così come inizialmente sperava di vedere una stella cadente (che rappresenta i sogni che si avverano), così alla fine, nel luogo che pensava potesse esaudirle tutti i desideri, aspetta ancora di vedere la stella cadente che le faccia recuperare la sua città” (Confronta con Gerardina Trovato “Non ho più la mia città” - 1993).

Quanti studenti delle nostre scuole pensano che il luogo dove si trovano non sia adatto a loro, che le loro città non offrono nulla rispetto ad altre città vicine o lontane!
Molti studenti, terminati gli studi, spesso vanno a studiare fuori e poi rimangono fagocitati dal giro della grande città frenetica, dimenticando “il cassetto con i sogni” che tanto gelosamente avevano custodito quando erano nella città natia!! Molti preferiscono rimanere lontani da casa perché il luogo d’origine non offre nulla o è poco stimolante per la propria attività!
Ma perché non vedere la propria città, con i suoi limiti e problemi, come un luogo da riscoprire, luogo da vivere (nel vero senso della parola!) e anche luogo da migliorare, luogo per il quale impegnarsi, mettersi anche al servizio? Stare, abitare la propria città. È questo quello che significa abitarla da cittadini, con partecipazione, “politicamente”.
Dedicarsi con cuore e dedizione alle cose quotidiane, quelle piene solo di tanta normalità, fa sì che la città insieme a noi cresca e migliori. La consapevolezza di appartenere ad una comunità di persone che condividono, oltre che il tempo, anche il luogo nel quale si svolgono gli incontri, le relazioni interpersonali, non nasce spontaneamente ed in 5 minuti. “Occorre che qualcuno pensi a passarci il testimone. Occorre che qualcuno, aiutandoci a costruire la nostra identità, ci spieghi cosa significa essere veramente cittadini. Ogni città ha i suoi pregi ed i suoi difetti, i suoi lati oscuri e le sue meraviglie, magari da far conoscere a tutto il mondo.
Tutti ci lamentiamo che Cirò Marina è sporca, chiediamo l'intervento delle televisioni, scriviamo lettere ai giornali, ce la prendiamo con i politici (che avranno sicuramente le loro pecche) ma quand'è che ci accorgiamo che abiamo anche noi, piccoli e grandi le nostre responsabilità? Ma soprattutto mi domando quand'è che mettiamo in atto il senso civico che ci manca e cominciamo a rispettarla questa nostra città, evitando di buttare carte e cartacce per strada, iniziando a rispettare le regole per la raccolta dei rifiuti ingombranti invece di depositare televisori, materassi e chi piu' ne ha piu' ne metta in ogni angolo della città. Alla guida delle nostre auto quand'è che impariamo a rispettare il codice della strada? Ci sarebbe davvero molto da dire. Cominciamo nel nostro piccolo, tiriamo fuori l'orgoglio dell'appartenenza ad una città grande com'è stata Cirò Marina nella storia. Mettiamoci tutti in gioco.E' forse il caso di smetterla di starsene rintanati nelle proprie casette aspettando che qualcosa cambi. Svegliamoci se vogliamo un futuro.

Antonio Pace

Cirò Doc: chi propone di imbastardirlo con il Cabernet è un nemico di questa denominazione


La “sindrome di Montalcino”, in altre parole la coda di paglia di chi temendo di non essere completamente in linea con le regole (il dettato del disciplinare) di una denominazione si affretta non a rimettersi in regola, ma a cambiare, in corsa, i regolamenti, colpisce ancora.
Dopo il tentativo abortito nella patria del Brunello, dopo Montepulciano, l’area del Primitivo di Manduria, ci tocca scendere ancora più a Sud per trovare manifestazione di una scelta che o è miope, immotivata, fuori tempo massimo, oppure è in malafede. E serve, come ho scritto sopra, a cercare di porre rimedio, prima che sia troppo tardi, a situazioni irregolari, molto border line rispetto alle leggi vigenti.
In Calabria, nella terra della denominazione simbolo regionale, di una delle più storiche aree a vocazione vitivinicola di questa terra bellissima a me cara, qualche “furbetto del vigneto e della cantina” sta pensando, quando non ce ne sarebbe nessuna ragione logica, né viticola, né tecnica, né enologia, né commerciale, di meticciare, peggio, di imbastardire il vino Cirò Rosso Doc, il cui disciplinare vigente prevede l’utilizzo del Gaglioppo nella misura minima del 95% e del Greco Bianco o Trebbiano per il restante 5%.
Non pensano, i furbetti, di modificare il disciplinare eliminando quella quota del cinque per cento di uve bianche che, in fondo, se usata non fa male al vino, bensì, “nella proposta di modifica avanzata dal Consorzio di Tutela del Cirò e Melissa si prevede la possibilità di utilizzare oltre al Gaglioppo tutte le varietà a bacca rossa autorizzate dalla Regione Calabria nella misura massima del 20%. Tra queste varietà sono presenti vitigni internazionali quali Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot che nulla hanno a che vedere con la tradizione vitivinicola del Cirò”.
Varietà che sono presenti sul territorio, ma che non vengono utilizzate di certo, almeno ufficialmente, per produrre dei Cirò, bensì delle Igt, la Val di Neto ad esempio, dove vini che prevedono un uso di piccole parti di queste varietà in sintonia con quelle locali, hanno trovato una loro identità parallela all’identità principe del Cirò e si sono messe in luce.
Cosa succede di fronte a questa scelta allucinante del Consorzio? Succede che qualcuno, giustamente, s’inca…vola, che qualcuno decide di non stare zitto e prende posizione e invita altri a non stare zitti e a farsi sentire, ad esprimere pubblicamente l’indignazione per una scelta che non va certo a favore dei viticoltori e dei produttori dell’area cirotana, che rispecchia gli interessi di chi non ha le idee chiare su quale deva essere il futuro di questa denominazione principe calabrese.
Nascono così un appello, sacrosanto, In difesa dell’identità del vino Cirò, che si serve di una pagina Web – vedete qui - dove è possibile aderire e aggiungere la propria firma, e un blog, dallo stesso nome, dove si dà conto di quel che l’appello provoca, le adesioni, ad esempio quella del Sindaco di Cirò, quella dei viticoltori membri di una cooperativa di 150 soci, del professor Mario Fregoni, i siti e blog che linkano la petizione e poi le ragioni, fortissime, di chi si oppone a questa ipotizzata assurda modifica del disciplinare ricordando che “l’utilizzo di varietà internazionali (in quantità rilevanti come proposto nella modifica) porta ad uno svilimento dell’identità territoriale e all’omologazione del prodotto” e chiedendo perché ” un consumatore del nord Italia o estero dovrebbe ricercare il Cirò se le sue caratteristiche sono simili a mille altri vini?
Perchè dobbiamo de-cirotizzare il Cirò? Perchè dobbiamo parificare la DOC Cirò alle IGT presenti sul territorio? Perché centinaia di produttori devono rinunciare alla loro identità di Cirotani?”.
I firmatari dell’appello richiamano un’elementare evidenza, ovvero che “riguardando nei vigneti del cirotano si riscontra che il Gaglioppo è sempre stato predominante, tanto che in altre zone della Calabria veniva denominato anche come “Cirotana”. In un passato non tanto lontano poi, erano presenti in piccole quantità altri vitigni (Greco nero, Malvasia nera, ‘Mparinata, Pedilongo, ecc.) che davano al vino maggiore complessità organolettica e miglioravano la tonalità del colore”.
Se non bastasse, “recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato le potenzialità enologiche del vastissimo patrimonio ampelografico calabrese, a dimostrazione che il ricorso alle varietà internazionali non è una scelta obbligata”.
I firmatari dell’appello chiedono pertanto che “in un’eventuale modifica del disciplinare del Cirò Rosso Doc “vengano autorizzate oltre al Gaglioppo esclusivamente varietà autoctone calabresi in quantità massima del cinque per cento”.
Su questa assurda vicenda del Cirò imbastardito da altre uve e sull’appello al quale ho ovviamente dato, come ha fatto il collega di Napoli Luciano Pignataro (leggete qui) la mia adesione, ho pensato di sentire l’azienda che maggiormente, in Italia e nel mondo, è il simbolo del Cirò, ovvero la casa vinicola dei fratelli Librandi.
Nicodemo Librandi preferisce non commentare per non mettere altra benzina sul fuoco, ma fa notare semplicemente due cose. In primis il fatto, clamoroso, che la sua azienda abbia scelto di non far parte del Consorzio, semplicemente perché ha idee diverse rispetto a quelle della maggior parte dei produttori sul futuro della denominazione. In secondo luogo che Librandi, pur producendo vini, di indubbio successo, come il Gravello, che vede il Gaglioppo coesistere armoniosamente con una quota di Cabernet Sauvignon, ed il Rosato Val di Neto Igt Terre Lontane, dove accanto al Gaglioppo c’è anche un 30% di Cabernet franc, oppure il Bianco Val di Neto Igt Critone, mix di uve Chardonnay e Sauvignon, l’azienda, come dimostra il grandissimo lavoro di ricerca e valorizzazione fatto negli anni in collaborazione con i massimi esperti di viticoltura e concretizzato in un esemplare volume come Gaglioppo e i suoi fratelli, individua nei vitigni autoctoni calabresi il futuro ed il nucleo fondante dell’azienda.
Ed è persuaso che, nonostante le difficoltà di coltivazione e di perfetta maturazione che il Gaglioppo presenta, essendo un vitigno caratteriale e “tosto”, ma di grande personalità, il Cirò debba continuare ad essere prodotto unicamente con questa uva locale, senza i contributi, ufficializzati (o sotterranei, aggiungo io) di altre uve alloctone. Più chiaro di così! Vogliamo pertanto dire, chiaramente e fuori dai denti, perché tutti capiscano, che chi si ripromette, non in una Igt ma in una Doc identitaria e di territorio come il Cirò, di unire altre uve estranee al Gaglioppo o propone di imbastardire il Cirò con il Cabernet è un nemico dichiarato di questa denominazione?
Fare entrare, viticoltori e produttori cirotani, i Cabernet, i Merlot e chissà che altro di internazionale nelle mura del vostro Cirò e vi ritroverete puntualmente, proprio come accadde con il mitico cavallo introdotto dai greci per espugnare la città di Troia, la vostra storica denominazione ridotta alla mercé di chi non le vuole certo bene e non ne vuole assolutamente fare gli interessi: meditate cirotani, meditate…
Magari anche sugli “ecomostri” (vedi foto sotto) che sono stati costruiti, senza che nessuno dicesse niente, nel cuore della vostra denominazione e che ne deturpano la selvaggia, inimitabile bellezza…

sabato 4 luglio 2009

Quale futuro per l’Asp di Cirò Marina?


La sanità calabrese sta vivendo un periodo di crisi, di profonda crisi. E i sindaci dei numerosi comuni della regione stanno tentando di ricorrere ai ripari e di offrire ai propri cittadini servizi sanitari di alto livello.
Come accade a Cirò Marina, piccolo centro del crotonese. Da mesi la popolazione è costretta a vivere senza servizi di natura sanitaria, come afferma in una lettera il sindaco Nicodemo Parrilla. L’amministratore ha infatti redatto un documento da mandare a Vincenzo Domenico Scuteri, direttore generale dell’Azienda ospedaliera provinciale di Crotone, in cui denuncia l’assenza o il mancato funzionamento delle apparecchiature della struttura sanitaria del distretto di Cirò Marina. Il sindaco Parrilla ha così indetto una riunione con l’intera cittadinanza che ha mostrato grande dispiacere per lo stato in cui versa la struttura sanitaria.
Le lamentele mosse sono numerose, tra queste spicca su tutte la carenza del servizio 118 che dovrebbe soccorrere in tempi brevi l’utenza. Tuttavia secondo amministrazione locale e la popolazione questo non accade. Sicuramente non per colpa del personale medico, ma della mancanza di apparecchiature e mezzi di trasporto.
Altro neo è il servizio di radiologia che lavora senza le attrezzature per la Moc, guasta dal giugno 2007. In questo modo i caccia la possibilità alle donne del circondario di usufruire dell’esame in questione.
Stesso problema per il reparto di Gastroenterologia, in cui da due anni non si effettuano esami di gastroscopia. Se, nel 2007, la mancanza del servizio era imputabile al guasto dell’apparecchiatura, adesso invece il problema sembra essere il totale inutilizzo dell’attrezzatura costata alle casse dell’Asp di Crotone ben due milioni di euro.
Il problema della Cardiologia è invece comune a numerosi settori sanitari: la lunga lista d’attesa. I cittadini di Cirò Marina per effettuare esami e visite, secondo le ultime stime, devono attendere almeno gli inizi del 2010.
Numerosi problemi anche per fare gli esami di prevenzione. Come l’ecografia che nel reparto di urologia non viene effettuata, causa guasto delle apparecchiature; nel reparto di ginecologia e ostetricia è invece poco usata. Le donne in stato di gravidanza preferiscono rivolgersi presso altre strutture sanitarie. Tempi di attesa lunghissimi, almeno 15 mesi, per l’ecografia della tiroide.
Un altro punto debole è l’Adi (assistenza domiciliare integrata, ndr) che non riesce a rispondere alla richiesta dell’utenza. Il servizio, accreditato dal servizio sanitario nazionale, dovrebbe infatti offrire assistenza anche sociale a domicilio per i degenti affetti da gravi patologie. Dovrebbe perché nel distretto di Cirò Marina il personale sanitario incaricato per offrire il servizio in questione è poco. Molto poco.
Un altro settore carente, almeno stando alla lettera del sindaco Parrilla, è quello della medicina scolastica che da anni non effettua le normali visite di prevenzione. Queste sono infatti eseguite dal servizio di pediatria presente sul territorio cirotano. Unico limite è la mancanza di un centro per le prenotazioni, che provoca gravi disagi all’utenza.
Infine, ma non meno importane, la grande assenza di personale medico in una branca molto importante: quella della chirurgia. L’unico specialista dell’Asp di Cirò Marina deve infatti fare fronte a un numero sempre crescente di utenti che devono essere sottoposti a visite chirurgiche, a esami strumentali e doppler.
La popolazione chiede quindi maggiore attenzione da parte delle istituzioni per ottenere strutture a norme e servizi medico-sanitari che possano garantire il diritto alla salute di ogni cittadino del comprensorio cirotano.

Questo congresso è l'ultima chance

Articolo di Enrico Letta, pubblicato su «Il Riformista» di venerdì 3 luglio 2009.

Caro direttore, finalmente primarie vere, finalmente un congresso vero. Finalmente sapremo se era l'idea ad essere giusta e la partenza ad essere sbagliata oppure no. Non condivido il pessimismo di chi denuncia il rischio di un "congresso conta" e di chi cerca disperatamente terzi candidati purchessiano.
Abbiamo una grande occasione per farci valere. Ognuno può mettere cuore e testa in questa avventura congressuale che può rimetterci al centro della politica italiana, proprio mentre Berlusconi sta scivolando. Con questo spirito carico di realismo e di entusiasmo sento che dobbiamo cominciare a discutere. La competizione sarà vera. Non si sa in partenza chi vincerà.

martedì 21 aprile 2009

La Calabria e il rischio sismico


Se ne parlerà nella puntata del 21 aprile di Matrix, delle questioni arcinote ma anche di leggi e normative applicate male o mai recepite degli organismi competenti.
Danilo Praticò per due giorni hanno raccolto dati e notizie prima nell'area dello Stretto, poi a Reggio Calabria nel convegno sull'urbanistica, col procuratore Gratteri, quindi al Cnr-Irpi di Rende, ed infine nella provincia di Cosenza, in particolare nella fascia che comprende gli abitanti di San Martino di Finita e Cerzeto.
Carlo Tansi, docente Unical e ricercatore Irpi, spiegherà, con ausilio di carte tematiche, perchè la Calabria è una delle regioni a più alto rischio sismico e l'importanza dei controlli e della prevenzioni.
La Calabria regione a più alto rischio d’Italia
Cento anni fa, a causa del terremoto del 23 ottobre del 1907, crollava uno dei monumenti nazionali esistente in Calabria: la “Torre delle cento camere”. Al momento del crollo la Torre si trovava ad una distanza di centinaia di metri dal mare vicino al tracciato ferroviario di Gerace Marina e da alcuni autori era paragonata al tempio di Giove Serapide di Pozzuoli per la testimonianza delle oscillazioni del mare sulla costa Jonica calabrese.
La ricorrenza dell’evento, meno noto del ben più grave terremoto del 1908 ma significativo della sismicità del territorio calabrese, stimola qualche riflessione per il recupero della memoria storica e utile per la messa in sicurezza delle popolazioni.
I terremoti, come alluvioni non sono eventi dovuti alla fatalità, ma sono dati legati alla storia ed alle caratteristiche geostrutturali della Calabria. A differenza del resto della catena appenninica, l'Arco Calabro è costituito da antichissime rocce cristalline come i graniti e sottoposte, da milioni di anni, a movimenti vari e sollevamento dell'ordine di molti centimetri all'anno. I connotati del paesaggio calabrese sono segnati da enormi fratture a Graben ed Horst legate a imponenti processi di geotettonica ancora in atto; processi di rapida trasformazione con terremoti, tsunami, alluvioni e frane che, tra l’altro, da sempre rendono difficile il “governo del Territorio”
L'alta sismicità della Calabria in pratica è una delle manifestazioni dei rapidi processi di evoluzione geologica in atto nella regione e nel centro del Mediterraneo. E poiché i processi geologici, com'è noto, durano milioni di anni, è evidente che terremoti distruttori (come ad. es. quelli del 1638, 1783, 1888, 1905, 1908 che hanno gravemente colpito tutti i 409 comuni della nostra regione) continueranno a scuotere la Calabria ancora per molto tempo. Così com'è altrettanto evidente che più ci si allontana dall'ultimo forte evento sismico, più aumentano le probabilità del suo ripetersi.
L'elevata sismicità, le condizioni di degrado del patrimonio edilizio (la Calabria è la regione italiana con il patrimonio edilizio più degradato e meno resistente alle sollecitazioni prodotte dai sismi), il dissesto idrogeologico e, non ultima, la carenza di adeguati Piani comunali di Protezione Civile, sono i fattori che rendono estremamente elevato il rischio sismico in Calabria.

domenica 22 marzo 2009

Libera la Parola

Il blog si pone l'obiettivo di fornire uno spazio aperto per discutere civilmente di tutto ciò che suscita interesse, che arricchisca le nostre vite e che sia spunto di riflessione oltre che piccolo passo per coltivare la cultura in ciascuno di noi.....
Questo forum è stato creato come luogo di nicchia dove poter discorrere e confrontarsi sui nostri temi più cari, sui problemi e ciò che ci interessa maggiormente, avendo voglia di ridere e divertirsi, ma anche di restare aggiornati e di denunciare le difficoltà; siate curiosi di scoprire e entusiasti nel credere nella libertà d'opinione e di espressione.

Stasera Inaugurazione del Centro Polivalente ALIKIA a Cirò Marina


Alle ore 18.00, in Via Pola a Cirò Marina, verrà tagliato il nastro d'inaugurazione del Centro Polivalente ALIKIA (Teatro), l'amministrazione Comunale e il Sindaco, dott. Nicodemo Parrilla, invita la cittadinanza a partecipare.


CIRO' MARINA - 22 Marzo 2009. Ore 18,00 Taglio del Nastro

Benedizione solenne:
Mons. Antonino Terminelli
Parroco Chiesa San Cataldo - Ciro Marina

Saluti:
- Dott. Nicodemo Parrilla (Sindaco Città di Ciro Marina)
- Sen. On. Nicodemo Filippelli (Past Sindaco Città di Ciro' Marina)
- S.E. Dott. Luigi Varratta (Prefetto di Crotone)
- On. Nicodemo Oliverio

Partecipano:
Arch. Gianni Gentile
Arch. Elio Amelio
Ing. Quintino Ferrara
Ing. Cataldo Marino

Cerimoniere:
Arch. Mario Patanisi

Segue Buffet Ore 21,00

Allieteranno la serata:
Associazione Teatrale e Culturale Krimisa
con "I Gemelli di Krimisa"
liberamente tratto da: "I Menecmi" di T. M. Plauto

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STORIA DEL TEATRO GRECO A KRIMISA
L'antefissa fittile scelta a rappresentare il logo del Centro Polivalente "Alikia", depositata attualmente presso il museo archeologico di Reggio Calabria e rinvenuta da Paolo Orsi durante la campagna scavi condotta al Tempio di Apollo Aleo a Punta Alice nel 1924, raffigura una maschera teatrale.

Prodotta in serie, presenta fronte calva, incorniciata da una parrucchetta a Strophion , con due fiocchi laterali; volto ottuso con accentuazione delle sopracciglia; occhi profondi e naso camuso; boccaccia aperta ed arcuata (cm. 21x30 - 5 esemplari a Reggio Calabria - 1 a Ciro Marina).
Questa e altre antefisse avevano una funzione architettonica e facevano parte integrale della copertura e del coronamento di costruzioni dei secoli IV - III a.C. nell'area del Santuario.
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Nel 1936 a Tarante venne ritrovata una vasca di marmo bianco (Luterion) del IV sec. a.C. riutilizzata in una tomba romana.

Questa vasca di dimensioni (cm. 193 x 116 x 55) reca sopra uno dei
lati lunghi un iscrizione greca incisa con lettere profonde ed accuratamente scolpite, alte mm. 3:



Vi sono buone ragioni per ritenere che il nostro ex voto venisse, in età ellenistico - romano, trasportato - forse per mare - dal Santuario di Punta Alice a Taranto.

Le antefisse a maschera teatrale e il sontuoso dono, dedicato dallo "agonoteta Artemidoro Kritola ad Apollo Aleo" indicherebbero che
nell'area del Santuario di Krimisa dovessero celebrarsi, con ricorrenza delle manifestazioni teatrali e di canto, sotto la direziono di un regolare "agonoteta" (arbitro).

* "Alikia". Borgo bizantino e medioevale, documentato da ritrovamenti archeologici, situato sotto l'altura di Madonna d'Itria, nei pressi della fonte Alice.

domenica 15 marzo 2009

Responsabilità, unità e senso di appartenenza


Tutti, a tutti i livelli di adesione e di responsabilità dirigenziale, dobbiamo sentirci impegnati quotidianamente nel promuovere gli scopi e le finalità del partito, nella consapevolezza e responsabilità di dare le risposte che i cittadini si attendono .
L’unitarietà ad ogni livello , confermando il legame e il riconoscimento delle varie anime e confermando i relativi rapporti di collaborazione e condivisione dei fini e delle attività, unitamente ad un profondo senso di appartenenza al partito, manterranno l’attenzione e la stima della società civile su quanto tutti assieme abbiamo sviluppato e soprattutto su quello che vorremmo sviluppare.
L'appartenenza, appunto, è l'altro punto fondamentale "…dobbiamo essere convinti che appartenere ad un movimento comporta individuare obiettivi comuni e porre regole certe da rispettare tutti e sempre…più le regole saranno condivise più forte sarà il senso di appartenenza, più facile sarà centrare gli obiettivi preposti…"
La responsabilità dei dirigenti è grande, deve essere obiettivo di ciascuno lavorare per avere un Partito Democratico forte, unito e rappresentativo, essere portatori del messaggio di necessità e orgoglio per un forte senso di appartenenza.
Occorre individuare quindi problematiche specifiche da seguire, contando sulla partecipazione di tutta la cittadinanza perché la politica deve essere fatta da persone
vere, che costituiscono un potenziale umano, prima che elettorale.

venerdì 6 marzo 2009

La sfida sui nomi ha stufato al congresso gara di idee

Intervista rilasciata da Francesco Boccia a Curzio Maltese, pubblicata su «La Repubblica» di sabato 28 febbraio.

Francesco Boccia, economista, quarantenne, il tipico anglo-meridionale, nel senso di un cosmopolita nato a Bisceglie, laureato alla Bocconi e con un bel curriculum post universitario fra Londra e gli Stati Uniti.
Una delle migliori teste economiche del centrosinistra. Una pecca calcistica, per alcuni, che confessa subito. «Sono juventino e il giorno di Chelsea-Juve per sbaglio avevo accettato un dibattito in una sezione della periferia romana. Ci sono andato malvolentieri, ma appena arrivato mi s'è aperto il cuore. Una massa di persone. Non vedevo tanta partecipazione da anni. Abbiamo finito di discutere a notte fonda. Ed è così dappertutto in questi giorni, a Roma, a Milano, come a Lecce».

martedì 3 marzo 2009

Facciamo pagare i più ricchi


Enrico Letta ha appena ricevuto una telefonata di Dario Franceschini. Il leader Pd lo ha messo al corrente delle dichiarazioni da Bruxelles di Silvio Berlusconi. «Il premier dice che la nostra proposta non è sostenibile. Eppure hanno appena stanziato otto miliardi in due anni per rimpinguare uno strumento pensato per il mercato del lavoro di trent'anni fa. Ma se anche quelle risorse non bastassero per una riforma, perché Berlusconi non viene in Parlamento con una bozza di riforma delle pensioni? Siamo pronti a discutere di questo, così come siamo favorevoli ad un contributo di solidarietà delle fasce più ricche, dai parlamentari in su».

mercoledì 25 febbraio 2009

Raciti, "Congratulazioni Franceschini, ora sfida vera"


Fausto Raciti (Giovani PD): "La mobilità europea è una priorità dei Giovani Democratici"

Fausto Raciti, Segretario dei GD, raccoglie l'invito rivolto ai giovani democratici da Giacomo Filibeck, Presidente dell'Ecosy, che in un articolo sull'Unità aveva chiesto ai giovani del PD di sostenere la petizione alle istituzioni europee per chiedere maggiore mobilità europea per le giovani generazioni attraverso maggiori risorse rivolte ai programmi di scambio esistenti (Erasmus, European Voluntary Service, ecc.) .

"Credo che i giovani democratici debbano fare la propria parte fino in fondo, rifuggendo le dispute ideologiche.- dichiara Fausto Raciti - In questi mesi di campagna elettorale avvieremo numerose iniziative per promuovere i contenuti che vorremmo fossero al centro dell'azione dei rappresentanti del PD nell'europarlamento. La nostra generazione attende un'Europa in grado di rispondere in maniera concreta alle sfide della modernità e divenire attore globale dei complessi processi che stiamo attraversando."

"Fin dal manifesto fondativo della nostra organizzazione, che nel giorno delle nostre primarie del 21 Novembre è stato sottoscritto da 140.000 ragazzi fra i 14 e i 29 anni, - continua Fausto Raciti- è chiaro che la vocazione europeista sia alla base del nostro agire politico. Per questa ragione raccoglieremo le proposte di iniziative concrete e gli spunti che i due movimenti giovanili di area riformista esistenti in Europa, l'Ecosy, i giovani socialisti europei, e l'YDE, i giovani del partio democratico europeo, ci sottoporranno nei prossimi mesi. Sono convinto che proprio il confronto su temi e contenuti possa essere la chiave per definire la nostra collocazione europea. La mobilità europea è al primo punto dell'azione politica sia dei giovani socialisti europei che dei giovani democratici europei. Noi crediamo che L'Erasmus sia importante ma non basti, tutti i progetti esistenti oggi in Europa si rivolgono infatti a solo 300.000 giovani europei l'anno su 90 milioni. Noi vogliamo un'Europa dei cittadini e non delle elites e per raggiungerla è necessario investire più e meglio sui progetti che possano creare nelle giovani generazioni una comune coscienza europea."

"I Giovani Democratici raccoglieranno firme in tutta Italia con queste finalità dal 14 febbraio alle elezioni europee. – conclude Fausto Raciti - Ci auguriamo che questa campagna elettorale possa essere per noi democratici italiani un'occasione per presentare proposte e iniziative concrete per rilanciare un'agenda europeista. Aspiriamo ad esportare nelle istituzioni europee l'unità delle culture politiche riformiste che noi giovani democratici abbiamo costruito in Italia, finalizzandola al raggiungimento di obiettivi comuni, e non di importare nel nostro paese divisioni spesso ideologiche e non ideali."

GIOVANI: "AI VECCHI SOLO DUE POSTI SU DIECE, NEL PARTITO CI VUOLE LA QUOTA GRIGIA

Il suo slogan potrebbe essere: "Io non sono un autarchico". Quarant'anni, quindici trascorsi in giro per l'Europa, Francia, Inghilterra, Balcani, una lunga esperienza a Bruxelles con Oreja, Prodi e Barroso, prima di tornare in Italia da parlamentare, nelle liste Pd. Sandro Gozi è stato uno dei più critici della linea Veltroni. "Ma non perché sia prodiano o dalemiano o insomma una di quelle etichette là. Semplicemente perché mi ero stufato di fare favori a Berlusconi e a Di Pietro". Che favori ha fatto il Pd a Berlusconi in questi mesi? "Uno grandissimo. Aiutarlo a rimuovere la vera questione, la crisi economica. Berlusconi e le sue tv sono stati abilissimi nell'inventarsi un'emergenza al giorno. I clandestini, gli stupri, le intercettazioni, il testamento biologico. Tutte questioni importanti, per carità. Ma la vera priorità, la crisi, in questo modo è stata cancellata. E noi l'abbiamo inseguito sulla sua falsa agenda". E' passato il messaggio che l'Italia è in qualche modo più al riparo dalla crisi degli altri paesi occidentali. Addirittura all'estero ci invidiano Tremonti. "Siamo riusciti a regalare a Tremonti la fama di gigante del pensiero economico. Grottesco. E' stato ed è un ministro disastroso, a tratti dilettantesco. I suoi libri sono un impasto di vecchi motivi riciclati, come certe canzoni di Sanremo. Viaggia in ritardo perenne. Nel 2003, quando occorreva essere rigorosi, fece saltare i patti di stabilità. Ora che bisognerebbe essere più elastici davanti alla crisi, riscopre il rigore. Il problema è che l'opposizione non se ne accorge neppure". Non c'è stata abbastanza attenzione per l'economia nei vertici del Pd? "Non c'è attenzione per la realtà. E non c'è competenza. Si orecchiano le mode mediatiche, su tutti gli argomenti. Non si studiano i problemi, le polemiche sono superficiali, nominalistiche". Diranno che è la solita tirata del tecnico contro il politico. "I capibastone vanno avanti su queste dicotomie d'altri tempi. Tecnici e politici, politica e società civile. Fesserie di cui si discute ormai soltanto in Italia. La verità è che nessuno di loro mette mai il naso fuori dall'orticello dell'identità di corrente". Ora va molto il conflitto generazionale, vecchi contro giovani. Si pensa alle quote giovanili, oltre a quelle rosa. "Guardi io vorrei proporre la quota grigia, per gli anziani. Si stabilisce che per statuto gli ultracinquantenni con più di due mandati hanno diritto al 20 per cento dei posti. Che è più o meno quanto accade di fatto negli altri partiti riformisti d'Europa". Buona idea. Si potrebbe cominciare dalle liste europee? "Quello è il test vero della segreteria di Franceschini. Ha detto che vuole cambiare e io gli ho creduto. Facciamo una rivoluzione. Alle europee, invece dei soliti ripescati, proviamo a candidare gente competente, che magari conosce anche qualche lingua. Non l'ha mai fatto nessuno, né a destra né a sinistra. Col risultato che in Europa contiamo sempre meno. Secondo me gli elettori del centrosinistra ci premierebbero. Certo, finora i nomi che si sentono vanno nella direzione opposta". Infatti gli elettori del centrosinistra premiano Di Pietro. Perché? "Merito nostro. Mai una scelta netta, un'idea chiara, una parola comprensibile. Ma se tornassimo a fare il nostro mestiere, Di Pietro sparirebbe in pochi mesi". Ne è proprio sicuro? "Sì. E' un Berlusconi rovesciato. Guida un partito personale, è un demagogo, non c'entra nulla con la storia della sinistra, non solo italiana. Non c'entra nulla con nessuna forza riformista presente in Europa. I nostri elettori lo votano per disperazione, non certo per convinzione". Però Di Pietro è anche l'unico che ancora parla di conflitto d'interessi, dell'anticostituzionalità delle leggi sulla giustizia, delle continue interferenze del Vaticano. E' soltanto giustizialismo, estremismo, populismo? "Per nulla. Aver lasciato cadere il conflitto d'interessi è stato un altro errore. Alla fine, perché abbiamo perso in Sardegna, col miglior candidato possibile? Perché Berlusconi ha usato, e bene, le sue tv nazionali contro Soru. Del caso Mills si è parlato nei telegiornali francesi e tedeschi più che in quelli italiani. L'Europa ci guarda con preoccupazione, e tanta. Quanto al tema delle ingerenze della Chiesa, stiamo andando anche lì serenamente verso una deriva autarchica, incomprensibile oltre Chiasso. Ma anche di qua dal confine. In fondo il 70 per cento degli italiani, nel caso Englaro, si è pronunciato contro la visione delle gerarchie ecclesiastiche. Peccato, ancora una volta, non essersene accorti". Franceschini ce la farà? "Se guarda oltre il fumo dei vertici di leader, scoprirà che il partito è pieno di risorse, di giovani e non giovani che hanno una gran voglia di fare politica, quella vera". (Curzio Maltese, Repubblica.it)

Pd: serve una mentalità giovane


«Siamo tutti stanchi di ripercorrere lo stesso copione da 15 anni. E' necessario che tutti, giovani e non, persone di esperienza, diano una mano per portare avanti il progetto del Partito Democratico».
«La mia preoccupazione ora è che si torni indietro. Serve una responsabilità condivisa e una mentalità giovane. E di ragazzi nel Pd c'è ne sono ma c'è ne vorrebbero di più».
«E' necessario che tutti, giovani e non, persone di esperienza, diano una mano per portare avanti il progetto del Partito Democratico. Ci hanno creduto in tanti in una forza che interpretasse in modo diverso la politica. Che racchiudesse al suo interno differenti esperienze».
«La mia preoccupazione ora è che si torni indietro. Dobbiamo guardare all'entusiasmo iniziale, non si deve pensare che la soluzione verrà dall'alto, da qualcuno che ha la bacchetta magica. Ognuno deve impegnarsi al massimo per tornare allo spirito iniziale. Quell'idea è ancora valida e attuale»
«Nel momento in cui si apre a una mentalità nuova ci sono spazi enormi da conquistare. Ma sono dell'idea che le situazioni emergenziali siano molto pericolose. Gli spazi sono da coprire sulla base del proprio impegno e di quello che possiamo dare al partito. Quindi non c'è un nome, una persona che possa risolvere tutti i problemi. C'è bisogno di una solidarietà e responsabilità condivisa. E forse questo lo possono fare di più persone che in quanto giovani hanno un approccio che non guarda agli schemi del passato e alle difficoltà relazionali. Insomma, un persona che sappia interpretare la politica con una freschezza e un entusiasmo maggiore».

martedì 24 febbraio 2009

I giovani dell'Area Letta del PD cirotano

Ancora segnali di partecipazione, ma soprattutto di presenza da parte dei giovani dell’area Letta.Con le Primarie dell’8 febbraio 2009, partecipando alla competizione con una lista autonoma
“Riformisti Letta per Veltroni” che ha sostenuto la candidatura di Pepè Corigliano a Segretario Provinciale del Partito Democratico, i giovani dell’area Letta, da considerare una forza politica presente sul territorio a livello Provinciale, sono riusciti ad eleggere con n.62 voti una propria delegata in rappresentanza del Circolo PD di Cirò, che farà parte dell’Assemblea Provinciale, pur dovendo competere con gruppi politici già presenti da tempo sulla scena politica locale.
Forte segnale di rinnovamento è stata la candidatura all’ultimo minuto a Segretario di Circolo del Prof. Francesco Mussuto che, da uomo di cultura, entusiasta del progetto proposto dai giovani, ha voluto mettere a disposizione la sua modesta esperienza politica a loro sostegno e guida, ottenendo n.127 voti, pari al 46% del totale. A questo risultato si è pervenuti, oltre che con il voto dei giovani, anche con il voto d’opinione della gente comune, ai quali va il nostro ringraziamento.
Il risultato elettorale ottenuto dal Prof. F.Mussuto è stato sorprendente considerando il confronto con un esponente politico locale di rilievo. Ma la soddisfazione più grande per il gruppo dei giovani dell’Area Letta è stato il consenso avuto per la loro lista da parte di elettori sia giovani che meno giovani, i quali hanno apprezzato il loro coraggio per essere andati contro corrente con valide motivazioni e a manifestare con senso di responsabilità e di maturità le loro idee chiare e concrete.

E ora, viaggio in Italia


E ora dobbiamo mettercela tutta. Abbiamo davanti cento giorni in cui possiamo realmente raggiungere gli obiettivi che hanno animato il dibattito dell'Assemblea costituente di sabato. Obiettivi che sono comuni a tutti quelli che vi hanno preso parte, qualunque decisione abbiano assunto. Obiettivi che sono sintetizzabili nel rilancio e nel successo del progetto del PD, come era emerso alle primarie del 14 ottobre del 2007.
Tante sono le priorità e i desideri per questi cento giorni. Due mi sembrano irrinunciabili.

lunedì 23 febbraio 2009

Letta: Pd, stop alle ostilità. Uniti fino al congresso


Uno Statuto, quello del Partito Democratico, «barocco e schizofrenico», un percorso verso il congresso «talmente contorto che potrebbe durare mesi». Ospite della trasmissione «Panorama del giorno», Enrico Letta così commenta la gestione e le regole interne al PD. «Sabato - ha spiegato - parleranno tutti gli eletti dell'Assemblea costituente: sono i portatori, insieme a Veltroni, di quella volontà dei 3 milioni e mezzo di italiani che votarono alle primarie. Il potere è nelle mani dell'Assemblea, purtroppo in questi mesi tra i tanti errori c'è stato anche quello di approvare uno statuto barocco e schizofrenico, un mix di masochismo e di autolesionismo, che è parte integrante di questo psicodramma».

Unitarietà del Partito Democratico di Cirò Marina


Unitarietà e rinnovamento è il fattore più importante che per ora interessa maggiormente i componenti del Partito Democratico di Cirò Marina. E' questo il volere del segretario cittadino Luigi Valente, eletto all'unanimità, e di tutte le anime che compongo il partito.
E' quanto scrive in un comunicato il delegato provinciale Antonio Pace.
Il pensiero di tutti perciò è quello di creare un gruppo unitario e compatto pronto a interessarsi di tutti i problemi riguardanti l'intera cittadina e di accogliere con piacere ogni adesione e ogni
interessamento da parti di chi voglia aderire al Partito Democratico, lasciando la porta aperta a tutti, nessuno escluso.
Dopo l'abbondante partecipazione di molti ragazzi alla campagna di tesseramento e alle primarie dell'8 febbraio, sono proprio i giovani delegati, eletti all'assemblea provinciale della
provincia di Crotone, a chiamare giovani di Cirò Marina ad una participazione attiva alla vita del partito.
-"Un invito fatto a chi può davvero dare un contributo nuovo e fresco al Partito Democratico e a Cirò Marina stessa, alla quale servono più teste ben pensanti....e le idee hanno due vantaggi: sono
gratis è ad impatto zero in termini ambientali"-
-"Ecco perchè allora si chiede un a tutti i giovani del paese di manifestare maggiore interesse ai problemi della nostra comunità e di portare in tal senso idee e iniziative all'attenzione del partito che ovviamente accoglierà quanti più ragazzi vorrebbero intraprendere il nostro stesso percorso, promuovendo in tal caso ancora di più la linea di rinnovamento"-


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