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lunedì 5 ottobre 2009

La democrazia mediatica

Come è ormai noto a tutti gli effetti della "video politica" stanno cambiando totalmente il modo di fare politica. Uno di questi effetti è che la televisione personalizza le elezioni. Sul video vediamo persone, non programmi di partito; e persone che sono costrette a parlare con il contagocce. Insomma la televisione ci propone persone in luogo di discorsi. Quando parlo di personalizzazione delle elezioni si intende che contano di più le facce, e che la personalizzazione diventa più generalizzata, dal momento che la politica "in immagini" si impernia sull'esibizione di persone. Il che vuol dire che la personalizzazione della politica si dispiega a tutti i livelli, inclusi il livello dei leader locali. La video politica tende a distruggere, dove più e dove meno, il partito, o quantomeno il partito organizzato di massa.
Non è solo che la televisione è strumento di e per candidati anziché medium di o per partiti; è anche che il rastrellamento dei voti non richiede più un'organizzazione capillare di sedi e di attivisti. Non intendo che i partiti spariranno, ma certo che la video politica riduce il peso dell'essenzialità dei partiti e per ciò li costringe a trasformarsi. Non è più indispensabile il cosi detto partito pesante, il partito leggero è sufficiente.
Un'altro aspetto è che la video politica, la televisione, privilegia "l'emotivazione" della politica e cioè una politica ricondotta e ridotta a grappoli di emozioni. Lo fa raccontando storie lacrimose e vicende commuoventi, e lo fa decapitando o marginalizzando sempre più le "teste parlanti". Il punto è, in generale, che la cultura dell'immagine generata dal primato del visibile è portavoce di messaggi "caldi" che, appunto scaldano le nostre emozioni, accendono i nostri sentimenti, eccitano i nostri sensi e, insomma, appassionano.
Appassionare e coinvolgere, far partecipare, creare sinergie. E per quanto la parola possa infiammare, essa è pur sempre meno riscaldante dell'immagine. Pertanto la cultura dell'immagine rompe l'equilibri tra passione e razionalità, e la politica emotiva, emotivizzata, riscaldata dal video, solleva e attizza problemi senza fornire nessunissima idea di come risolverli.
Democrazia vuol dire alla lettera, potere al popolo. Il problema è sempre stato di come e di quanto trasferire questo potere dalla base al vertice del sistema. Una cosa è la titolarità e tutt'altra cosa è l'esercizio del potere. Il popolo è titolare del potere ma in che modo è n grado di esercitarlo?
Nella democrazia rappresentativa il demos esercita il suo potere eleggendo chi lo governerà, in tal caso il popolo non decide quale sia la soluzione da dare alle questioni da risolvere, m si limita a scegliere chi lo deciderà. Il problema è che la democrazia rappresentativa non basta più, che c'è bisogno di più democrazia, il che vuol dire, in concreto dosi crescenti di direttismo, di democrazia diretta. Per fare questo però ad ogni incremento di "demo-potere", deve corrisponde un incremento di "demo-sapere". E qui il ruolo della televisione e dei midia gioca un ruolo fondamentale, che per oggi, visti i tempi che corrono, non credo sia assolutamente in grado di svolgere. Altrimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere, e cioè un sistema di governo suicida.

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